Beppe Bigazzi e l'arte culinaria lucana di Ilenia Litturi
Beppe Bigazzi non ha certo bisogno di presentazioni. È un maestro, un esperto di gastronomia, un uomo che unisce nella sua sterminata conoscenza i sommi della scienza culinaria. Ha sprovincializzato la cucina italiana, facendola diventare un’arte che passa per vista, olfatto, tatto fino a giungere al palato, solleticando l’appetito, tutto in nome della genuinità. Ecco cosa pensa dell’arte culinaria lucana.
Cosa deve avere la cucina per essere considerata arte?
Deve essere onesta, fatta con amore e conoscenza degli ingredienti. Però la parola arte è da riservare a pochi grandissimi, che hanno la capacità di innovare creando nuovi accostamenti di ingredienti grazie alla loro manualità guidata di una grande fantasia. Questo non toglie che anche una zuppa di castagne e ceci, con un filo di olio di qualità, o una frittata di cipolle siano da apprezzare: è sempre il connubio della conoscenza di chi cucina e quella di chi mangia che fa scoccare la scintilla. Scintilla che scoccherà più facilmente se c’è amore e armonia.
Cosa rende unica la cucina italiana?
La qualità assoluta degli ingredienti, l’abilità dei nostri artigiani alimentari, la cultura millenaria e l’arte di ottenere molto da poco.
Cosa ne pensa del fatto che l’UNESCO abbia decretato la dieta mediterranea patrimonio dell’umanità?
L’Unesco mostra tanta solerzia nell’attribuire l’etichetta “patrimonio dell’umanità” a qualunque cosa. Presto, non ci sarà più nulla che non sarà patrimonio dell’umanità. Sarà un momento felice perché cesserà di esistere uno dei tantissimi e costosissimi enti specializzati nel niente.
In che modo la cucina può influenzare la vita e il proprio modo di essere?
La cucina è un aspetto della vita e della cultura e perciò è strettamente unita a queste. Così come è unita ai dettati delle religioni.
In tv si parla tanto di cucina, ma il cibo è anche memoria: cosa conoscono gli italiani della loro cucina tradizionale?
Nei media si parla e si scrive tanto di cucina: purtroppo ridotta a elenchi di ricette. E gli ingredienti sono nomi, non cose reali: latte non vuol dire nulla se non si specifica la razza dell’animale, come vive – in stalla o nei pascoli … Il latte di una podolica libera e felice su pascoli spontanei si chiama latte come il latte di una frisona di lattificio ma i 15 litri del latte di una podolica sono un dono del Signore mentre i 50 litri del latte di una frisona sono un prodotto inutile e forse anche dannoso. Eppure la parola è latte: il valore funzionale del cibo varia a seconda delle modalità della sua produzione. L’aggettivo funzionale si dà a quei prodotti che rispondono al criterio “e sia la tua medicina il tuo cibo e il tuo cibo la tua medicina”. Regola che da Ippocrate in poi i contadini hanno sempre seguito, grazie alla loro conoscenza.
Semplicità, genuinità e non solo. Qual è a suo parere l'ingrediente che caratterizza la Basilicata?
Tutti gli ingredienti tradizionali.
Cosa ne pensa dell’olio della collina materana?
È un grande olio, quando la raccolta è manuale, la molitura avviene nelle 24 ore dalla raccolta e il prezioso alimento viene subito racchiuso in acciaio o vetro scuro.
Qual è il piatto della Basilicata che preferisce?
Tutti quelli tradizionali, fatti con gli ingredienti tradizionali.
Se le chiedessi di delineare a grandi linee la cucina lucana, cosa mi direbbe? Cosa aggiungerebbe se le domandassi di mostrarmela con la lente di ingrandimento, nei minimi dettagli?
Una cucina strettamente legata alla terra e ottenuta con duro lavoro. Se gli ingredienti non cambieranno a causa dell’ignoranza alimentare che porta a preferire cibi incolori, inodori e insapori, è sperabile che chi ha la cultura adeguata continuerà a preferire il caciocavallo podolico stagionato, il pecorino di Moliterno, il pane di Matera – vero monumento che onora la città, la regione, l’Italia– i fagioli di Sarconi (che ho il piacere di mangiare 3 o 4 volte la settimana, conditi con l’olio da olive Maiatica di Ferrandina), la soppressata, le verdure di Rotonda – le melanzane!– il casieddu di Moliterno (aspetto con ansia l’estate!), il pezzente della parte alta del materano, le olive infornate di Ferrandina …
Qual è il cibo o l’ingrediente lucano che l’hanno maggiormente incuriosita?
Tanti: in genere perché come il pecorino di Moliterno, sono legati alla tradizione che ancora oggi è viva. Ho visitato con Roberto Rubino un palazzo a Moliterno le cui cantine erano e sono un capolavoro di correnti d’aria: lì il pecorino maturava e matura avvolto sempre da aliti di brezze … Questa è scienza ed arte insieme! Belle le volte a vela, benefiche le brezze.
Scrisse Leonardo da Vinci “Verrà il tempo in cui l’uomo non dovrà più uccidere per mangiare, ed anche l’uccisione di un solo animale sarà considerato un grave delitto.” Profetico?
Leonardo ha creato opere immortali: nel campo dell’arte e della scienza, ha fatto osservazioni antropologiche che hanno puntuale riscontro nella vita. Ho avuto modo di apprezzare, sempre, le qualità degli uomini nati in terre di grandi vini. La Basilicata ha l’Aglianico, vitigno eccelso che nel Vulture dà vini da urlo! Che poi smetteremo di uccidere animali per mangiare, spero proprio di no. Come vivere senza gli agnelli, i bovini, i polli allevati secondo natura? Spero invece che finiscano gli ignobili carnifici dove si allevano animali a chimica, mais irriguo.
Ilenia Litturi