La Fiat, gli Agnelli e la Basilicata
È fresco di stampa il libro salito agli onori della cronaca, "Mondo Agnelli: Fiat, Chrysler, and the Power of a Dynasty" (Mondo Agnelli: Fiat, Chrysler, e il potere di una dinastia) scritto da Jennifer Clark, corrispondente del The Wall Street Journal, a capo dell'ufficio italiano di Dow Jones. L'autrice americana ripercorre l'epopea della famiglia Agnelli e del suo connubio con il marchio Fiat, fino al 2009, data in cui i destini delle due case automobilistiche confluirono, il resto poi è storia. Cosa preserva il futuro? Henry Ford era del parere che "mettersi insieme è un inizio, rimanere insieme è un progresso, lavorare insieme è un successo". Ma nel libro si parla in realtà in minima parte di Chrysler, Detroit e Marchionne, ci si focalizza molto più sulla famiglia Agnelli, sulla Fiat e sulla loro storia. Ed è sullo sfondo di questa storia di tante storie che incontriamo Alfano Bonaventura, paladino lucano nato a Melfi, che emigrò in Piemonte per andare a lavorare a Mirafiori, divenendo uno di quei 65 mila lavoratori dell'indotto. "Chi non aveva un posto in cui stare, dormiva nelle panchine poste di fronte alla Stazione di Torino Porta Nuova. Conoscevo un tizio che dormiva dentro una Fiat 500 parcheggiata di fronte alla fabbrica. Non c'era altro che Fiat, Fiat e Fiat. Interessava solo la produzione, non dove vivessimo". Anche Giovanni D'Onofrio, originario di Laurenzana, si trovava a Torino in quegli anni e nel suo racconto intriso di ricordi, riaffiorano i compaesani, le fatiche e le umiliazioni. Quella era l'Italia del boom economico, con i suoi pro e i suoi contro. Una storia tipicamente italiana, lunga più di un secolo, da raccontare al pubblico d'oltreoceano. Andy Warhol diceva che "l'idea di America è meravigliosa: più una cosa è uguale, più è americana".
Ilenia Litturi