L'altra faccia dell'emigrazione." Storie d'emigranti nella Columbia Britannica"
“Whoever Gives Us Bread” (Chiunque ci dia il pane) edito da Douglas&McIntyre, pubblicato lo scorso anno, racconta del silenzioso esodo degli italiani nella provincia canadese della Columbia Britannica a cavallo tra il XIX e il XX secolo. Quest’opera unica nel suo genere descrive il muro contro cui dovettero lottare gli emigrati italiani per emergere.
Una storia di sudore, lacrime e fatiche, avvenuta nell’ombra, che sarebbe rimasta accantonata se non fosse stata riscattata della passione e dalle minuziose ricerche della scrittrice canadese Lynne Bowen. Quello che accadde è la storia ciclica che ci accompagna quotidianamente. Come scrisse Max Frisch “Volevamo braccia, sono arrivati uomini”.
Ci racconti di lei.
Sono un’ex infermiera con un diploma universitario in storia occidentale del Canada conseguito all’Università di Victoria. Scrivo per chi ama leggere storia sociale. Whoever Gives Us Bread è il mio sesto libro. Vivo a Nanaimo, una città sull’isola di Vancouver, nella provincia della Columbia Britannica. Ho insegnato scrittura creativa per quattordici anni nell’ Università della Columbia Britannica. Sono sposata, ho tre figli e tre nipoti.
Il suo è un libro intenso, che tiene incollato il lettore dalla prima all’ultima pagina. Come ha fatto?
Al di là delle solite tecniche usate dagli scrittori professionisti è la storia ad essere avvincente. Gran poche persone in Canada sono a conscenza della storia dell’immigrazione italiana e pensano sia utile conoscerla.
Per quale motivo ha deciso di intitolare così il suo libro?
Per tutta la durata delle ricerche e della stesura del libro ero alla ricerca di un titolo che potesse riassumere la storia. Ho preso spunto da una frase di un immigrato anonimo: “L’Italia è per noi, chiunque ci dia il pane.” E penso sintetizzi perfettamente le ragioni per cui gli italiani furono costretti a lasciare il loro amato paese.
Quanto tempo ci è voluto per la stesura del suo libro?
Undici anni in totale tra ricerche e sette viaggi in Italia che mi hanno permesso di instaurare un forte legame con l’Italia e la sua gente. Dalle mie parti sono anche entrata a far parte della comunità italo-canadese.
Cosa viene prima: la trama, i personaggi o l’ambientazione?
Prima viene la trama, poi l’ambientazione e i personaggi che mi aiutano a narrare la storia.
Quanto influiscono personalità ed esperienza nel suo modo di scrivere?
Scrivendo saggi storici, tendo a non far trasparire nulla di personale nei miei scritti anche se però ho un forte senso di ironia che penso traspaia. Nella prima stesura avevo riportato molte delle esperienze che con mio marito avevamo fatto non solo in Italia ma anche nelle cittadine della Columbia Britannica in cui vivono comunità di italiani. Il mio editore però mi ha suggerito di scindere le esperienze personali dal saggio così ho deciso che le mie esperienze verranno racchiuse in un volume intitolato “The Tortellini Diaries” (Diari dei tortellini).
Ci racconti della copertina
Avendo poca voce in capitolo, mi sono limitata a dire al grafico che volevo immagini d’archivio di donne e di uomini, ma non essendo riuscito a trovarne una che li ritraesse entrambi, ha poi scelto due foto. Mi piace in modo particolare quella degli uomini perché è chiaro che stessero giocando a bocce.
Ci racconti del suo libro
È stato scritto per gli amanti del genere, per chi vorrà scoprire come all’epoca l’Italia non fosse altro che una fonte di manodopera da cui il resto del mondo attinse a piene mani. Molte solo le storie ma mai nulla è stato scritto sugli emigrati che giunsero in Columbia Britannica. La loro è una storia completamente diversa da coloro che sbarcarono nel Canada orientale o negli Stati Uniti perché i primi furono ingannati con la febbre dell’oro. Arrivarono in California, dove all’epoca non c’era alcuna ferrovia, dove vennero ingannati un’altra volta con la promessa dell’oro della Columbia Britannica. Giunsero in una parte del continente americano in cui da poco si erano stanziati gli europei, entrando a far parte di quella forza lavoro che costruì le fabbriche, la ferrovia e si dedicò all’agricoltura. Sotto moltissimi punti di vista è la storia della creazione della nostra provincia.
C’è un verso del suo libro che preferisce?
Sono riuscita a recuperare diverse lettere e diari durante la mia ricerca e fra questi, le parole che mi hanno toccata profondamente, sono quelle scritte da Tobia Castellarin alla moglie Antonia, che si trovava in Italia: “Tutto quello che posso chiedere a te e ai nostri figli è di pregare nostro Signore nella speranza che ci dia quel poco di fortuna che ci serve.” Ma di fortuna i Castellarin ne ebbero gran poca.
Che cosa ne pensa della massima di Mark Twain: “Io non domando a che razza appartenga un uomo, basta che sia un essere umano; nessuno può essere qualcosa di peggio”.
Non posso che concordare specialmente quando penso alla disperazione di quegli italiani che furono costretti a partire lasciandosi dietro la famiglia e l’amata patria, per poi giungere in paesi con tanti pregiudizi come il Canada dell’epoca.
Chi ha influenzato il suo modo di scrivere?
Un’autrice americana, Joan Didion, per il ritmo e la frugalità della sua scrittura e due scrittori canadesi, Pierre Berton e Peter Newman per l’abilità nel trovare l’interesse e l’emozione che la storia canadese ha da offrire.
Qual è la maggiore soddisfazione dell’essere scrittore?
Il rapporto con i lettori, la loro opinione e il fatto che apprezzino quello che scrivo.
Conosce delle parole in italiano?
Per tutto il tempo che mi sono dedicata al libro ho preso lezioni di italiano. Ma nonostante apprezzi la bellezza della lingua e sappia come pronunciare le parole, non lo so parlare.
Qual è stato l’apporto degli italiani nella Columbia Britannica?
Nel primo periodo la manodopera italiana era fondamentale per lo sviluppo dell’industria, per l’estrazione mineraria e per la costruzione delle infrastrutture. Le generazioni successive hanno invece apportato il cibo, il vino e la musica che tutti amiamo. Sono poi diventati politici, professionisti, uomini di spettacolo, insegnanti ed artisti arricchendo notevolmente la nostra provincia.
Cosa le piace e non le piace dell’Italia?
Ci sono un’infinità di cose che mi piacciono anche se quelle che preferisco sono le persone e il cibo. Ci sono cose come la politica ad esempio che non mi piacciono, ma quando sono nel vostro paese cerco di non pensarci e di godermi il resto.
Se le dico Matera, cosa le viene in mente?
Basilicata, Mel Gibson, Carlo Levi e la complessa storia del Mezzogiorno.
Cosa le piacerebbe rimanesse ai lettori del suo libro?
Vorrei che i miei lettori canadesi capissero meglio non solo l’Italia ma anche gli italiani.
Vuole aggiungere qualcos’altro?
Durante le ricerche e la stesura del libro ho fatto amicizia con persone che vivono da una parte e dall’altra del mondo e intendo non solo mantenere queste amicizie ma anche conoscere meglio il vostro paese.
Ilenia Litturi