Gian Antonio Stella: il mestiere d'informare
Gian Antonio Stella non ha certo bisogno di presentazioni, è una delle firme più prestigiose del giornalismo italiano, quando per giornalismo s’intende quello difeso in prima linea, da «un cane da guardia della fattoria del cittadino», secondo una felice definizione a stelle e strisce.
Un testimone della nostra epoca che, assieme a Sergio Rizzo, l’uno veneto e l’altro d’origine lucana, forma un duetto di solisti di squadra, che sforna un successo dopo l’altro. Fresco di stampa, «Licenziare i padreterni ̶ L’Italia tradita dalla casta» edito da Rizzoli. La verità è una scelta, un conto è diffondere, un altro è informare e anche se di fronte a noi abbiamo più interrogativi che risposte, più dubbi che sicurezze, abbiamo la certezza che non resta che proseguire tendendo all’obiettività, perché è quello che importa davvero nel mestiere d’informare.
Guido Piovene diceva che «Le idee vengono dal coraggio». Condivide?
Sì, assolutamente anche se devo dire con tutta onestà che non è Piovene il mio giornalista di riferimento. Penso che il «Viaggio in Italia» che lui ha fatto sia stato un saggio molto importante, molto interessante e scritto benissimo però a me piace un giornalismo più aggressivo del suo, per cui se devo scegliere, ecco, della sua generazione Tommaso Besozzi piuttosto che altri li amo di più, però riconosco in Piovene un grande.
È stato il mestiere a sceglierla?
No, no, io l’ho scelto quando ero ancora al ginnasio; ho sempre voluto fare questo e mi sarebbe piaciuto fare anche qualcos’altro, però questo qui è quello che volevo fare e l’ho fatto.
Se le dico Basilicata, cosa le viene in mente?
Tante cose. Mi viene in mente quella meraviglia che è Matera, il castello stupendo di Federico II a Melfi, mi viene in mente una regione favolosa che vista dall’alto, in un documentario di Francis Ford Coppola che è lucano, sembra una delle più belle terre del pianeta, mi viene in mente una cucina straordinaria, mi vengono in mente gli strascicati, mi viene in mente qualche errore clientelare pazzesco dopo il terremoto, come l’area industriale del Balvano, costruita per fare un piacere alla Ferrero, che diceva che le merendine oltre i mille metri, lievitano meglio. Mi viene in mente della truffa che abbiamo tirato ai cinesi su una fabbrica di oro in cui sono venuti con l’idea di fargli prendere dei contributi di un certo tipo e gli abbiamo tirato un pacco, mi vengono in mente tantissime cose, perché è una regione ricchissima e bellissima.
Grazie infinite.
Prego
Ilenia Litturi