Toni Capuozzo : viverla per raccontarla
Il ciclo d’incontri, “Aperitivo con l’autore” che si tiene ogni anno ad Asiago in provincia di Vicenza è stato l’occasione per intervistare uno dei più importanti inviati di guerra italiani, Toni Capuozzo, giornalista e vicedirettore del TG5, curatore e ideatore di “Terra!”, settimanale del TG5.
Sull'Altopiano ha presentato al pubblico il suo ultimo libro “Le guerre spiegate ai ragazzi” edito da Mondadori,un volume di 187 pagine che si legge tutto d'un fiato ma che lascia quel retrogusto amaro in bocca. Quando è salito sul palco accompagnato dalla sua umiltà e con gli occhi carichi di storie ha incantando il pubblico con la sua straordinaria capacità di ragionare e raccontare. Ryszard Kapuscinski scriveva: “Mi sento a disagio nelle situazioni stabili, la mia scuola di vita è la guerra, il movimento, i conflitti, le tensioni, i fatti che si scatenano a ritmo serrato". I grandi reporter si sa, sono sempre là, scrivono, fotografano, riprendono, cercano la verità celata nei volti delle persone, nelle strade, nei luoghi, nel profondo; chi non vede, non capisce, chi ha il coraggio di andare oltre le agenzie stampa e gli echi dei portavoce, può scoprire e rivelare una verità molto differente da quella confezionata per il grande pubblico, mettendo nero su bianco quello che ha visto e sentito ma Toni ha deciso di farlo raccontando la guerra ai ragazzi. L'abbiamo intervistato in esclusiva.
Perché raccontare la guerra ai ragazzi?
Perché non bisogna nascondere il male. La guerra è oggi uno dei mali del mondo oggi anche se fortunatamente è un male che è spesso lontano. Qualche volta ci tocca nella nostra sensibilità, perché succedono delle cose che turbano, qualche volta ci tocca nei nostri interessi economici, qualche volta ci tocca nella prossimità che abbiamo con i nostri concittadini che fanno i militari nelle missioni o i volontari in qualche situazione dove sono presenti organizzazioni non governative. Davanti al male, come genitore dico che bisogna proteggere i nostri figli dal sapere ma non dalla verità perché conoscere alcune cose è importante. Tu non puoi negare ai figli che esiste la droga, devi parlargli spiegando che regala una felicità illusoria che poi ti rovina. Il male non va tenuto nascosto. Bisogna cercare di spiegarlo per costruire delle difese.
Come sono i bambini di guerra?
Tutte le guerre sono diverse una dall’altra. Gli innocenti si assomigliano dappertutto. Quando i bambini sopravvivono hanno dentro di sé una forza, una vitalità che gli consente di ricominciare, di provare a giocare in mezzo ai conflitti. Questa è una delle difese che fortunatamente li aiuta e li rende forti anche di fronte alle disgrazie peggiori. Naturalmente i bambini dovrebbero essere ovunque le persone a cui è destinato solo il gioco, ma spesso purtroppo non è così. Spesso sono vittime non direttamente dei conflitti, ma di situazioni di fame, di povertà, di sfruttamento di lavoro minorile, di traffico degli organi. Sono purtroppo una delle parti migliori e più vulnerabili dell’umanità.
Un fatto che l’ha toccata in modo particolare?
Sono tanti i fatti che mi hanno toccato. Non me ne viene da dire uno. L’ultimo, quello di cui hai la memoria più fresca. Mi colpisce sempre quando le guerre fanno irruzione nella vita delle persone normali, con cui poi puoi identificarti. Vedi che appena le armi tacciono c’è una caparbietà, una forza... la vita è un po’ come l'ambiente, noi facciamo un sacco di disastri. Prendi il mare ad esempio. Vedi delle persone che hanno vissuto dei momenti di conflitto piegate, vissute, voglio dire, le rivedi dopo tornare a vivere e ti rendi conto che fortunatamente l'uomo ha dentro di sé una forza, un attaccamento alla vita tale... recentemente sono stato a Sarajevo e ho visto delle persone che sembravano arrivate al capolinea e hanno cominciato una vita nuova. Non è sempre così.
Com’è cambiato il modo di lavorare dell’inviato di guerra?
È cambiato moltissimo, è cambiato il modo di comunicare, adesso c’è internet. Una volta una notizia durava 15 giorni, adesso dopo tre ore è già vecchia però credo che come il vecchio artigiano tu puoi dire vado all’ipermercato, trovo tutto quanto, è comodo però poi il salumaio che ti dice «provi questo formaggio che mi è appena arrivato, è buono», con cui hai un rapporto diretto mentre all'ipermercato ti devi orientare con centinaia di prodotti. Il lavoro per gli inviati ci sarà sempre perché sono degli artigiani in un mondo che ormai è un ipermercato.
Cambiando discorso, se le dicessi Basilicata, cosa le viene in mente?
La cosa che mi ha colpito di più l’ultima volta che ci sono andato per lavoro è un bell’opuscolo fatto dalla Regione che parlava dei film che sono stati girati in Basilicata. Io vado poco al cinema. Ho visto un film di cui non ho letto il libro: “Io non ho paura” in cui c’erano dei paesaggi bellissimi, in particolare quei campi di grano, la storia di questo bambino sequestrato, una storia forte insomma. Vent’anni fa mi sarebbero venuti in mente i Sassi di Matera, adesso mi viene in mente “Basilicata coast to coast” o “Io non ho paura”. Mi viene in mente, anche per delle foto che faceva Fontana, un paesaggio che è molto fotografico.
Ilenia Litturi