A Scuola di memoir: intervista esclusiva a Edvige Giunta
Grazie all'intervista in esclusiva che ci ha rilasciato Edvige Giunta, docente di letteratura e scrittura creativa nella New Jersey City University, possiamo tracciare la rotta di un viaggio alla scoperta del memoir, avvolti da un cielo trapuntato di ricordi filtrati dalle sensazioni, accompagnati dal chiarore delle stelle.
Una donna poliedrica che tanto ricorda la Sicilia cantata da Ibn Hamdis "vuote le mani, ma pieni gli occhi del ricordo di lei" e da Gesualdo Bufalino che "si sporge da un crinale di vento in un accesso di abbagliato delirio". Un doveroso grazie a chi, da oltre dieci anni, tessendo legami tra la terra natia e gli Stati Uniti, occupa un posto in prima fila nella letteratura femminile italoamericana.
Chi è Edvige Giunta?
Siciliana, italiana, italo americana, femminista, insegnante di letteratura, critica letteraria, editor, scrittrice, insegnante di yoga, madre, moglie, figlia, sorella, zia, amica—questi sono alcuni dei ruoli che definiscono la mia vita, il mio giornaliero.
Che cosa significa per lei scrivere?
Nella scrittura critica significa principalmente capire e aiutare a capire l’opera di autrici italo americane poco conosciute. Nel memoir e nella poesia significa incontrare me stessa, incontrare gli altri, ritrovare e riscoprire il passato, inseguire e invitare amori e affetti e luoghi scomparsi o persi. La scrittura è per me anche una forma di meditazione.
Come definirebbe il memoir?
Il racconto della memoria, ricordata e immaginata. L’antiautobiografia in quanto abbandona il fatto e la cronologia per entrare nello spazio e nel tempo mitico della memoria.
Perché scrivere memoir?
Lo considero il genere letterario più importante della fine del ventesimo secolo e gli inizi del ventunesimo, la risposta letteraria al grande movimento democratico. È un genere radicale che può dare voce a ciò che è stato represso e a chi è stato messo a tacere. È un genere intimo e politico—con grandissime potenzialità pedagogiche, che sono molto importanti nel mio lavoro di insegnante di memoir.
Raccontare la propria esperienza di vita, filtrata dal ricordo è un'onesta soggettività per raccontare il mondo?
Senz’altro. La verità del ricordo è diversa dalla verità dei fatti e anche quella ha una sua soggettività.
Anche per lei l'esperienza americana è l'occasione per un reale
confronto con se stessa, per "quel vaglio della propria maturità" di cui
parlava Pavese?
Agli inizi della mia carriera ero una studiosa di Joyce, su cui scrissi la dissertazione di Ph.D.—Joyce lasciò l’Irlanda e ne scrisse per tutta la vita. Mi sento un po’ figlia di Joyce da questo punto di vista, visto che mi sento più vicina alla Sicilia e all’Italia attraverso la distanza, attraverso l’America. E attraverso un’altra lingua, visto che non scrivo quasi mai in italiano, raggiungo un confronto con me stessa diverso che non vorrei qualificarlo in migliore o peggiore, è diverso, più ricco e complicato e più
sofferto.
Il memoir è un genere che sta prendendo piede solo adesso in Italia, perché?
Negli Stati Uniti il Civil Rights Movement, che non ha un equivalente in Italia, è stato a mio parere una delle forze più importanti che, insieme a tutta una serie di altri movimenti culturali legati alle minoranze etniche e razziali, ha reso possibile la nascita del memoir. Forse c’è un maggiore elitismo letterario in Italia.
A suo parere c'è differenza fra l'essere italiano e italoamericano in America?
Sì, essere italiano in America significa essere espatriato (come lo erano Hemingway, Stein e Fitzgerald in Europa). Essere italo americano è molto più legato all’identità di emigrante.
Le viene in mente il nome di qualche autrice o autore di memoir di origine lucana?
Una delle nostre scrittrici più significative, Joanna Clapps Herman,
autrice di un importante memoir, “The Anarchist Bastard.” [L'autrice è stata nostra ospite nel 2011 N.d.R]
Che ruolo ha l'America nella sua scrittura? E l'Italia?
L’Italia, ma soprattutto la Sicilia, sono una costante quasi ossessiva della mia scrittura. Ma è una Sicilia vista e ricordata dall’America, dal punto di vista di chi se ne è andato. L’America è un paese di cui sono cittadina e ospite, il posto da cui ricordo e racconto.
Qual è la prima cosa che le viene in mente quando pensa alla Sicilia?
Il mare, il sole, i Greci.
C'è qualcosa che vorrebbe aggiungere?
Ultimamente sto approfondendo il legame esistente tra memoir e yoga nel 2011 infatti, sono diventa insegnante di yoga e quest'esperienza mi sta aprendo degli orizzonti nuovi rispetto alla pratica della scrittura del memoir.
Ilenia Litturi