Informare il globale del glocale: Global Voices e Bernardo Parrella

FOTO HOME BERNARDO PARRELLAIl glocale è il globale a misura d'uomo e accorciare le distanze e allargare le prospettive è quello che fa Global Voices, progetto nato nel 2005 negli Stati Uniti, che si occupa delle aree del mondo non coperte dai mezzi di comunicazione tradizionali, diventando una voce importante nel panorama dell'informazione.
Per addentrarci in questa realtà dobbiamo fare un passo indietro: cos'è il citizen journalism? È la moderna visione del giornalista di strada, vista la partecipazione attiva delle persone di tutto il mondo e la natura collaborativa della rete, che diffonde notizie nei blog e nei social network.  La notizia si trasforma in un noi collettivo sempre più sociale nella raccolta e nella diffusione delle fonti. Non più tutto il mondo è paese, bensì ogni paese è il mondo e come scriveva Rocco Scotellaro  "Non si torna indietro". 

Abbiamo intervistato Bernardo Parrella, responsabile italiano di Global Voices.

 

Chi è Bernardo Parrella?

Un contadino elettrico alla scoperta di sentieri di consapevolezza. Un traduttore e un attivista soprattutto su temi legati alle culture digitali, incluse svariate collaborazioni con testate italiane e progetti internazionali.

 

Che cosa significa comunicare e informare?

Oggi significa soprattutto creare network, attivare conversazione e condividere orizzontalmente con intelligenza, evitando di voler fare tuttologia o essere sempre politically correct. Finalmente molti hanno capito che l’idea stessa di un’informazione pseudo neutrale/obiettiva non era (è) altro che un elemento funzionale allo status quo politico/sociale/economico (rappresentato in primis dal quarto potere dei grandi gruppi editoriali e dal “giornale tradizionale”) e quindi hanno deciso di prendere in mano gli strumenti online (soprattutto, ma non solo) per comunicare a modo proprio e creare un ecosistema informativo il più variegato possibile. Estendendo, a ben vedere, certe pratiche di comunicazione umana già consolidate sul campo per millenni, pur se diverse (agorà greca, passaparola, proteste di piazza in occidente, tam-tam e segnali di fumo tribali altrove). Sia in quei casi che con l’odierno giornalismo aperto, ciò porta a contestualizzare meglio l’immediatezza e i limiti temporali in base alle specifiche esigenze della gente sul territorio. 

Si torna insomma a privilegiare l’aspetto “glocale” e orizzontale di una presenza comunicativa fattiva, fregandosene dei guai imprenditoriali del potere (se il cartaceo non vende sono problemi di editori o inserzionisti, non dei lettori) e pur se spesso per le breaking news generiche le testate tradizionali restano più affidabili, se e quando integrano al meglio i social media, che presi da soli non di rado oggi fanno solo rumore, al di là dell’ovvio impatto di istantaneità e di testimonianze dirette non filtrate.


Ho letto da qualche parte che il giornalista è “il cane da guardia della fattoria del cittadino”, e per lei? 

Certo, le caratteristiche di base del giornalismo collaborativo sono quelle, ma oggi va aggiunta l’importanza di collaborare al meglio con l’informazione tradizionale e ancor più (in senso sia iperlocale che transnazionale) con gli ambiti più disparati della società civile (ONG, associazioni varie sport e cultura, partiti e circoli dopolavoro, ma la lista potrebbe continuare). Insieme alla necessità di fare attivismo a livello locale, di una “engaged citizenship” che può nascere solo dall’impegno in prima persona legato a un fare informazione di base e indipendente in ogni angolo del globo. 


Al futuro del giornalismo online era dedicata la copertina della Columbia Journalism Review dell’agosto 1997 che si chiedeva “Cuccagna o buco nero”. A Quindici anni di distanza cosa si può rispondere? 

Il giornalismo partecipativo rimane tutt’ora una “cuccagna o buco nero”, in base alle specificità dei casi, qui meno che mai sarebbe errato generalizzare. Né potrebbe essere altrimenti, visto che l’ecosistema informativo del domani dovrà sempre più essere flessibile, dinamico e variegato, attento a non replicare online quelle dinamiche da status quo del passato o a non creare ulteriore rumore nel flusso dell’information overload destinato ad aumentare comunque. Questi i due limiti maggiori, a cui si potrà sopperire solo con costante consapevolezza e tanto olio di gomito, oltre che con l’impegno fattivo di molte di ‘persone-ponte’ e partnership a tutto campo, che sono poi i cardini di progetti come quello di Global Voices – network di oltre settecento netizen impegnati in tutto il mondo a dar voce a movimenti e a cittadini spesso ignorati dall’ambito tradizionale rilanciando il meglio di quanto producono ogni giorno tramite i citizen e social media. I post quotidiani di Global Voices vengono tradotti in oltre venti lingue. Da menzionare anche il progetto Global Voices Books. E-book gratuiti, scaricabarili con licenza Creative Commons, disponibili in diversi formati per esseri letti e usati su PC, smartphone, tablet, kindle, e-reader, apps, ecc.

 

Ilenia Litturi

 

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