Peppino Impastato raccontato dal fratello Giovanni
Venerdì 12 aprile, nella sala polivalente Giusto Geremia a Pojana Maggiore in provincia di Vicenza, Giovanni Impastato ha raccontato la storia della sua famiglia mafiosa che ha dimostrato come la parentela, non si accompagna alla somiglianza.
Siamo a Cinisi, in provincia di Palermo e con l'efferato omicidio dello zio, "Finisce la nostra infanzia e siamo diventati subito grandi e Peppino ha iniziato a fare le sue scelte". Peppino l'aveva capito subito "Se questa è mafia, io ci combatterò contro" e ha cominciato la sua battaglia, denunciando illegalità, progetti criminali e affari di mafia con la piccola emittente Radio Aut, che aveva fondato con alcuni amici. Verrà sequestrato da un commando, portato in un casolare sulla tratta ferroviaria Palermo-Trapani e fatto saltare con una carica. È lo stesso giorno dell'uccisione e del ritrovamento di Aldo Moro. Mandante il boss don Gaetano "Tano" Badalamenti. Quella che seguirà sarà una verità di comodo visto che "Lo sport più praticato nel nostro Paese dopo il calcio, è la cancellazione della memoria". Comincia così la battaglia di una madre coraggio, Felicia e del fratello Giovanni, in nome di Peppino perché come racconta il fratello, "Le stragi nel nostro Paese si sono consumate con la complicità dello Stato e chi ha provato a trovare la verità è stato ucciso. Gli altri invece sono tutti vivi". Il prossimo 9 maggio ricorrerà il trentacinquesimo anniversario della scomparsa di Peppino Impastato, che con la sua pungente e irriverente ironia si era "permesso" di mettere in difficoltà la mafia. Grazie Peppino.
Pasolini diceva che "la passione non viene mai perdonata". Concorda?
Benissimo. Concordo perché tra l'altro io amo tantissimo Pasolini, così come lo amava Peppino.
Di cosa c'è il dovere di parlare?
Sciascia diceva che esistono due tipi di siciliani: quelli che partono e quelli che restano. Cosa sente di dire a quelli che partono?
A quelli che partono sento di lanciare un messaggio, di portare con grande dignità l'onore, non l'onore quello mafioso, l'onore quello vero, del popolo siciliano, della Sicilia. Non mi sento di criticarli perché non è corretto, non è giusto, molta gente non ha lasciato la Sicilia volutamente, ma è stata costretta a lasciarla per un bisogno. Infatti noi abbiamo avuto un esodo biblico negli anni Sessanta e Settanta.
Mi viene in mente quella forma di speculazione che c'è nella Basilicata che riguarda quei pozzi petroliferi che sono orrendi. Mi viene in mente la cosca dei Basilicchi. Mi vengono in mente pure quelle persone che lottano tantissimo nella Basilicata. Io, diciamo ci sono stato diverse volte ed è una terra che mi piace tantissimo anche se è un po' anonima rispetto al panorama e al contesto nazionale. Però è una terra che ho apprezzato tantissimo. Se non sbaglio in Basilicata c'è pure quel famoso Cristo a Maratea che mi fa ricordare il Cristo Redentore di Rio. Ho visto sia quello in Brasile, sia questo. Ho questi ricordi stupendi della Basilicata. Così come anche di un mio grandissimo amico che è stato uno dei primi che mi ha invitato dopo l'uscita del film de "I cento passi" che si chiama Marcello Cozzi.
Ilenia Litturi