Non dirmi che hai paura.Intervista a Giuseppe Catozzella

FOTO HOME COPERTINA LIBRO CATOZZELLAMetti un giovedì di gennaio, uno scaffale e un libro. Così è nato l'idillio con l'ultimo romanzo di Giuseppe Catozzella, Non dirmi che hai paura, edito da Feltrinelli che racconta la storia vera di Samia, una giovane ragazza somala animata da un sogno: correre.Partecipa alle Olimpiadi di Pechino e arriva ultima ma incanta il mondo, perché è uno scricciolo. Si spengono i riflettori e qui il tessitore di parole Giuseppe, inizia un viaggio nel viaggio e si immerge completamente in lei. Samia vuole partecipare alle Olimpiadi di Londra e insegue il suo sogno a piedi, ma a largo di Lampedusa, la piccola fiammiferaia prende il volo... Come il mare in piena, la storia di questa leonessa ha la potenza struggente di lasciare disarmato il lettore, di irradiare tanta vita perché ha smesso di restare libro per diventare capolavoro. Che storia. 
Adesso Samia correrà per sempre. Grazie Giuseppe.
 
Partiamo da dove eravamo rimasti...ne ha fatta di strada: Alveare ha fatto da volano, l'ha portata in America, in alcune delle università più prestigiose. Che rapporto esiste secondo lei, tra l’immaginario collettivo e la realtà americana?Trovo che l'immaginario collettivo "medio" italiano risenta molto di quello americano medio. In quanto paese povero e rurale uscito improvvisamente dalla povertà per cinquant'anni e ora sulla via di ripiombarvi, l'Italia è in tutto provinciale e in quanto provinciale è esterofila. E gli USA, scintillanti e altamente comunicativi, ci hanno attratto come il miele per le api. E' da lì che ancora oggi ci piace attingere per i nostri sogni. Non abbiamo ancora imparato a sognare i nostri propri sogni.
 
Anche per lei l'esperienza americana è l'occasione per un reale confronto con se stessi, per quel "vaglio della propria maturità" di cui parlava Pavese?No. Per me l'esperienza americana è stata innanzitutto il luogo del respiro, dell'ossigeno. Essere invitati in importanti università, essere rispettati in quanto scrittori, avere la completa libertà di azione e di pensiero è per chi è nato e cresciuto in Italia un grande privilegio. E' stato ossigeno puro. Tanto più se unito con un grande senso della speranza e dell'ottimismo, un senso pratico del fare le cose, che tutto è ancora da fare e si può davvero realizzare. Questo è magnifico.
 
Che effetto fa avere come "compaesano" il sindaco di New York?Grassano è il paese di mio padre. Per mio padre è una figata pazzesca. Per me è una cosa divertente e curiosa. L'ennesima conferma che noi italiani siamo dei grandissimi lavoratori, preparatissimi e intelligentissimi. E' l'Italia il problema.
 
Qual è il suo primo ricordo lucano?Da quando sono nato ho sempre trascorso -  fino a una certa età - almeno un mese tra San Mauro Forte e Grassano. Sono pieno di ricordi. Mi ricordo l'odore delle stradine del centro storico, un misto di umido e legnoso, e tanto sole. E poi i pomeriggi in cui invece pioveva, rarissimi. Lì si diffondeva un profumo intensissimo e buonissimo che ancora mi fa tremare le gambe per quanto era forte.
 
Lei è partito da traduttore e il traduttore è un lettore a cui nulla sfugge, una sorta di lettore al cubo: quali benefici le ha apportato e le apporta questa sua "origine"?Non lo so dire bene. So soltanto che tradurre è stata una palestra importantissima. Era entrare dentro il testo. Dentro la testa dell'autore. Un ottimo esercizio. Ma anche una grande frustrazione, perché avrei spesso scritto le cose diversamente. Avevo sempre la tentazione di cambiare ciò che c'era scritto.
 
È diventato anche editor per Feltrinelli: complimenti. Con quali parole spiegherebbe chi è un editor e qual è la maggior soddisfazione che ha avuto ricoprendo questo ruolo?L'editor è colui che sceglie quali libri si pubblicheranno. Nel mio caso nella narrativa italiana, mi occupo di nuovi autori. Maggiori soddisfazioni sono gli esordi di Virginia Virilli, di Stefano Valenti e di Marina Viola. E poi una grande conferma, quella di Giuseppe Rizzo.
 
Non dirmi che hai paura è il titolo della sua ultima fatica letteraria: lei di cosa ha paura?Di non riuscire ad avere il coraggio di essere felice, cioè di seguire solo me stesso.
 
Come è venuto a conoscenza della storia di Samia Yosuf Omar? Cosa l'ha colpita di più?Ero in Kenya e stavo cercando una storia tutta diversa. Una mattina, mentre facevo colazione e c'era Al Jazeera accesa, ho sentito una breve notizia sulla vita di Samia. Mi è sembrato immediatamente un meraviglioso simbolo di cosa un essere umano è in grado di fare per raggiungere i suoi sogni.
 
C'è una parte del suo libro a cui è particolarmente legato?Non una in particolare. Tutta l'evoluzione della vita di Samia per me è stata una grande emozione.
 
Il suo romanzo è scritto magistralmente e secondo il linguista goriziano Isaia Ascoli lo "scrivere correttamente" è "una cosa che sa di miracolo, una cosa da perigliarvi la vita". Di cosa si nutre la sua narrazione? La realtà è il bacino a cui attinge? Finora sì. Finora è questa la mia cifra narrativa. Sono sempre partito dalla realtà, e in qualche modo ritornato. Non so se sarà sempre così, ma per ora questo è il mio approccio con le storie e la parola scritta.
 
Il lavoro di giornalista, la capacità di ascoltare, l’ha aiutata a trovare questa facilità di scrittura?Non saprei dire esattamente neanche questo. Forse è il mio approccio con la scrittura che mi ha portato a scrivere in un certo modo, che fosse sui giornali o nei miei libri.
 
Lei lavora a una cosa per volta oppure riesce a tenere in equilibrio diversi progetti?Assolutamente a una cosa per volta. Quando lavoro a un libro non potrebbe esistere nient'altro.
 
Perché leggere il suo libro?Perché spero sia bello, e perché credo sia una storia importante. Da un lato una meravigliosa storia di libertà, speranza e coraggio. Dall'altra il racconto degli epici Viaggi degli "eroi" contemporanei. Come ha detto Erri De Luca presentando con me il libro a Roma, questa sarà l'epica del futuro, quello che per noi è Odisseo.
 
Se il suo romanzo fosse un'immagine, quale sarebbe?Perché soltanto una? Una storia è colma di immagini diverse che si arricchiscono e si sovrappongono. E' questo che fa la forza di una storia e la differenzia dalla poesia, dalla fotografia o dall'arte figurativa.
 
Progetti futuri?
 
Molti! Ma per ora sono ancora nella fase della "rimuginazione critica"!

Grazie Grazie molte a te.
 
Ilenia Litturi
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