Giulia Venere, la Giulia del Cristo si è fermato a Eboli di Carlo Levi è tornata al suo paese di origine
Sant’Arcangelo. Giulia Venere, la Giulia del Cristo si è fermato a Eboli di Carlo Levi, detta la santarcangelese, è tornata al suo paese di origine, ma questa volta come ambasciatrice di cultura e come attrattore turistico per mostrare la tipicità delle donne del suo tempo e la bontà dei prodotti agricoli, sapientemente trasformati in gustose e prelibate pietanze eno-gastronomiche ed offerti ai sensi nella splendida cornice del complesso monumentale di Orsoleo.Ella da brava castellana ha dato il benvenuto e fatto gli onori di casa ai suoi ospiti attraverso il celebre quadro dipinto da Levi nel 1936, che la raffigura con in braccio il piccolo Nino, riproponendo una immagine simbolo dei meridioni di tutto il mondo, ove povertà, superstizione, religione, pregiudizi e fatalismo si impastavano tutti i giorni sulle tavole di poveri e diseredati.
Ma anche attraverso la sua prorompente bellezza, perché Levi dice che Giulia era “Alta e formosa, con un vitino sottile come quello di un anfora, tra il petto e i fianchi robusti. E che doveva aver avuto, nella sua gioventù, una specie di barbara e solenne bellezza”.
“Così, Giulia, diventa luogo privilegiato della nostra memoria, dice il sindaco di Sant’Arcangelo, Vincenzo Parisi; un punto baricentrico per le nostre attività culturali in questo magnifico contenitore culturale che è il complesso monumentale di Orsoleo, che risale al XV secolo e che si affaccia sulla ricca Valle dell’Agri, dove l’occhio del turista allarga la sua visuale e sale fino ad Aliano, luogo simbolo del confino di Carlo Levi e dell’incontro con Giulia”. “Una donna, ha precisato l’assessore alla cultura, Lucia Finamore, che dà vita al progetto culturale Sant’Arcangelo racconta la Basilicata, idee per un viaggio sensoriale, e che inaugura un percorso formativo in chiave musicale ed eno-gastronomico, per mostrare la bontà dei nostri prodotti e le raffinatezze della cucina santarcangiolese, partendo dalla tela della Giulia, messa gentilmente a disposizione dalla soprintendente al polo museale della Basilicata, Marta Ragozzino”, che si è detta soddisfatta dell’iniziativa e che dovrà entrare nella rete dei musei archeologici di Basilicata.
Il progetto culturale e turistico nasce da un’idea di Giambattista Sassi e Vito Sansanelli ed è sviluppato dalla Fabers, che attraverso un’accurata ricerca nell’archivio del Comune ha messo in evidenza che Sant’Arcangelo fu prescelto nel 1940 come colonia confinaria per 10 cittadini stranieri e italiani, anche di origine ebraica, spesso accompagnati dalle rispettive famiglie, come i Buxban, il cui capo famiglia, Siegrfried, come si diceva allora, era un medico come “don Carlo” ed a cui naturalmente era proibito esercitare la professione per evitare contatti che il regime fascista riteneva “pericolosi” per la popolazione residente. Singolare il caso di un altro confinato, Samuel Labi, che insieme alla moglie Mina Rumani decisero di chiamare il loro ultimo figlio Arcangelo, proprio in riconoscenza dei santarcongiolesi, che si erano sempre mostrati ospitali e cortesi. Anche se le autorità li sottoponevano a molte limitazioni di ordine logistico ed a tanti adempimenti restrittivi della libertà, attraverso una serie di controlli quotidiani della censura politica.Il progetto messo in campo dall’Amministrazione comunale di Sant’Arcangelo si avvale della collaborazione del Polo museale della Basilicata, della Fabers – impresa culturale, del Circolo culturale Pietre Vive e del Cenacolo degli Artisti.
Pino Gallo