L’umanità: medicina essenziale nella pandemia
L’assistenza sanitaria sul territorio deve tornare ad essere umana come era quella praticata dai medici condotti della passata generazione. E’ necessario che il giovane medico torni a praticare anche” umanità” con i pazienti come lo fa con le persone a lui care.
Con la pandemia cinese, che ha colpito quasi tutto il mondo, ci siamo accorti che la umanità bussa alla porta anche se in casi eccezionali non solo in Italia, ma in molti paesi; e l’esempio da noi è stato dato dal numero di morti di medici ed infermieri che si sono immolati per portare aiuto a chi ne aveva bisogno.
Non essendo preparati a fronteggiare una pandemia di così vaste proporzioni, e non conoscendo la infettività del virus completamente sconosciuto, non sono state adottate sufficienti misure di contenimento per preservarsi dalla infezione. Questo è accaduto ai primi contagi che hanno prodotto centinaia di migliaia di morti sparsi per il mondo.
L’altro aspetto del problema ha riguardato la difficoltà di porre una diagnosi sicura, che è stata raggiunta con la messa a punto dei primi tamponi, che, anche se dopo tempo davano i primi risultati sicuri, confermavano che la infezione era in atto. In aggiunta alla diagnosi è sorto il problema della terapia su come far fronte alle polmoniti interstiziali acute, che portavano a morte il paziente se non curato con respiratori automatici, che sono venuti a mancare i primi tempi data l’enorme richiesta.
Questo è anche uno dei motivi per cui molte residenze per anziani sono state male assistite ed ancor peggio curate le persone che presentavano insufficienza respiratoria acuta.
La sanità deve essere ricostruita sulla base dei bisogni dei malati, sempre più anziani e con differenti patologie, con cure sul territorio e domiciliari e sempre meno cure in ospedale se non per le inevitabili emergenze. Non si può pretendere, come avveniva un tempo, che il medico condotto in caso di bisogno si recava al domicilio della persona malata e lo curava fino alla guarigione. Il ricovero in ospedale era eccezionale e solo in caso di giustificato bisogno.
E’ necessario però che, con il rinnovamento dell’assistenza sanitaria promessa ed anche con il nuovo modello di verifica dell’erogazione dei LEA (livelli essenziali di assistenza), venga presa in considerazione l’assistenza sul territorio, aggiornata ai bisogni ed in continua modificazione. Deve essere resa efficiente la sanità sul territorio con medici ed infermieri di quartiere, specie in alcune regioni, insieme alla medicina preventiva che spesso risolve tempestivamente molte situazioni se gestite oculatamente. Oltre che una cura a base di farmaci dovrà essere portata alla casa dei malati anche un antitodo alla solitudine, dal momento che attualmente la cura del paziente è una burocratica routine. Con l’assistenza sanitaria dovrebbe partire anche una parte di umanità che in questi ultimi anni si è smarrita.
E’ importante rafforzare il legame tra ospedale e territorio con monitoraggio costante delle cure a domicilio, ma deve essere ricostruito un sistema socio sanitario capace di offrire con le cure anche la certezza di non essere lasciati soli. Questa è la umanità di cui si parlava prima.
Antonio Molfese (medico)