Chi vaccinare prima? Giovani o Anziani.?
Nei paesi più sviluppati del mondo è in preparazione un vaccino contro il Covid. Non sappiamo chi vincerà la sfida ancora incerta per le difficoltà che isorgono nella sua preparazione.
Le recenti complicanze presenti nel testare la validità del vaccino faranno di certo allungare la uscita del prodotto previsto per la fine dell’anno. Nei primi tempi le quantità richieste supereranno di gran lunga la produzione possibile, per cui si porrà il problema a chi somministrare per primo il vaccino.
Prendendo lo spunto da un articolo comparso sui CORSERA(9Sett.2020 L.Coppini) ,data la scarsità del vaccino all’inizio, quando verrà pronto, sarà necessario stabilire chi proteggere prima. Studiosi americani sostengono che è meglio vaccinare i giovani perché molti sono asintomatici, ma per l’infezione che diffondono, fanno chiudere scuole e università, per cui dovrebbe essere somministrato ai grandi diffusori. Questa proposta è sostenuta anche da ricercatori italiani qualificati che sostengono, che i giovani, più a rischio di contagio, per i numerosi scambi sociali, sarebbero i primi da trattare anche nell’ottica di proteggere gli anziani con i figli ed i nipoti.
C’è un punto importante da chiarire molto importante, sollevato da un epidemiologo di Firenze che dichiara che, fino ad oggi abbiano solo test su animali e non ancora sull’uomo. Dovrebbe essere chiarito il problema se il vaccino può proteggerci dall’infezione in generale o se inibisce solo le forme gravi della malattia. Nel secondo caso non sarebbe utile vaccinare i giovani (con decorso spesso asintomatico) per il motivo che i vaccinati anche se protetti dalle complicanze continuano ad essere contagiosi avendo il virus nelle vie respiratorie. In questo caso sarebbe meglio immunizzare i nonni.
Sarebbe anche interessante approfondire ed acquisire dati affidabili in merito alla reale prevalenza delle complicanze settiche nei pazienti affetti da COViD-19, al precipuo fine di poter stabilire quale sia stato l'effettivo ruolo svolto dai batteri d'irruzione secondaria negli oltre 880.000 casi di malattia ad esito letale ufficialmente accertati su scala globale.
E’ un problema serio che le autorità preposte dovranno affrontare e risolvere.
Antonio Molfese medico giornalista torremolfese altervista.org