Il Prof. Andriulli e la sfida per sconfiggere l'epatite C
Sconfiggere l’epatite C in modo definitivo presto sarà possibile. Non è uno slogan ma semplicemente il risultato di una ricerca. Una strada italiana con una via tutta lucana. Tra gli autori ed ideatori dello studio infatti, c’è il Prof. Angelo Andriulli, originario di Montescaglioso e Direttore dal 1990, della Divisione di Gastroenterologia dell'Istituto di Ricerca e Cura "Casa Sollievo della Sofferenza" di San Giovanni Rotondo.
In una intervista, il Prof. Andriulli, ricorda come < negli anni ’90 l’unica forma di terapia era rappresentata dall’interferone con un successo terapeutico del 15%, oggi, con l’introduzione della ribavirina e di nuovi farmaci quali il Boceprevir e il Telaprevir, in combinazione con l’interferone e la ribavirina, i tassi di guarigione si attestano intorno al 70%>. < Il vantaggio, per il paziente, sostiene il Prof. Andriulli, è la constatazione che eliminare il virus dell’epatite C consente la guarigione. Guarigione significa possibilità che una malattia cronica, come l’epatite, la quale finora evolveva lentamente ma inesorabilmente verso forme di danno grave ed irreversibile del fegato, quali la cirrosi epatica e lo sviluppo di un carcinoma, può essere bloccata da una appropriata terapia>. Inoltre, aggiunge il Prof. Andriulli, < è caduto in campo medico il dogma della irreversibilità della cirrosi epatica: l’evocare solamente tale condizione clinica significava fino a pochi anni orsono una sorta di condanna per il paziente. Oggi, i risultati delle nostre ricerche, afferma il professore, hanno permesso di osservare la regressione della cirrosi epatica nei pazienti che riescono ad eliminare il virus dell’epatite C con la terapia>. Lo studio ha portato alla riduzione dei tempi di somministrazione dell’interferone e ribavirina, dai 12 mesi canonici a durate di 3 o 6 mesi, assicurando immutati tassi di successi terapeutici, anche se per altri pazienti la durata della terapia dovrebbe essere aumentata a 18 mesi. Naturalmente il trattamento comporta degli oneri economici per il Servizio Sanitario, ma basta pensare che per ogni malato che guarisce c’è una riduzione notevole delle ospedalizzazioni per le conseguenze croniche del danno epatico. Infatti, ci si attende per il futuro immediato una netta riduzione dei ricoveri per cirrosi epatica, epatocarcinoma e minore necessità di trapianti di fegato. Quindi, spendere oggi significa guadagnare negli anni futuri.
La ricerca, insieme ad altri centri continua incessante e punta dritto verso un sicuro successo con l’obiettivo di curare tutti i pazienti infettati dall’HCV. Tale prospettiva, ci dice il Prof. Andriulli, sembra essere a portata di mano con l’arrivo di nuovi farmaci, gli inibitorio della proteasi dell’HCV di seconda generazione e/o gli inibitori della polimerasi dell’HCV. I traguardi da raggiungere sono brevi cicli di terapia di 12 o 24 settimane e la possibilità di poter fare a meno dell’impiego dell’interferone. <Non è lontano, sostiene il Prof. Andriulli, il momento in cui sarà possibile trattare tutti i pazienti con due-tre pillole al giorno da assumersi solamente per 8 o 12 settimane>. Con grande soddisfazione, conclude il Professore, < possiamo documentare come le nuove generazioni non risultino più infette da tale virus, e che è già in corso il calo delle cirrosi determinate dall’infezione medesima. La comunità scientifica nazionale ed internazionale ha il merito di aver vinto questa battaglia contro il virus dell’epatite C, e siamo orgogliosi di aver contribuito, anche se in minima parte, a tale successo>.
Maria Andriulli - Fonte IL QUOTIDIANO DELLA BASILICATA