Fra le letture che scegliamo molte volte non facciamo caso ad importanti opere letterarie che, invece, rappresentano le basi della nostra tradizione culturale regionale. Nella fattispecie, il libro “Cristo si è fermato a Eboli” di Carlo Levi, è animato da profondi interessi sociali e umani ed è conosciuto e diffuso in tutto il mondo; l’autore narra le vicende da lui vissute durante i 10 mesi di confino (3 agosto 1935- 26 maggio 1936) scontati fra Grassano ed Aliano, un paese, quest’ultimo, sperduto tra i monti della Lucania.
Il titolo vuole sottinintendere che a Eboli, città della Campania in provincia di Salerno, si ferma la "vita umana", la civiltà, la storia, il progresso e la libertà chiamate dall'autore in modo metaforico "Gesù"; la frase "Cristo si è fermato a Eboli" quindi, sta a significare che Cristo in quei luoghi non è arrivato per redimere le popolazioni.
Durante la sua permanenza in terra lucana, l’autore può notare lo stato penoso in cui la gente del posto è costretta a vivere. Levi instaura con i più poveri un rapporto di amicizia e di simpatia e presto si troverà a stretto contatto con loro a causa della sua professione di medico, che gli avrebbe procurato una certa rivalità con i due medici del paese, Milillo e Gibilisco: i cosiddetti “medicaciucci”.
Ma “don Carlo” sceglie di rimanere lontano da loro, anche perché avrebbe potuto avere problemi con i responsabili provinciali del fascismo. Egli, infatti, era rispettato da tutti, soprattutto per la sua preparazione culturale, che mai lo rendeva superbo e altezzoso. Il podestà Magalone e sua sorella, donna Caterina, erano fieri di averlo nel loro paese.
Levi resterà ad Aliano fino al 26 maggio del ’36, quando un telegramma inviato dal Ministero dell’interno alla Prefettura di Matera, comunica che:
“S. E. il Capo del Governo occasione proclamazione Impero si è benignamente disporre liberazione” di undici confinati e fra questi Carlo Levi, che parte subito per la sua Torino, da cui raggiungerà la Francia, lasciando con dispiacere i suoi contadini.
Il mondo che Levi ebbe modo di scoprire nel viaggio tra Grassano ed Aliano e, successivamente, nel periodo iniziale di permanenza nello stesso paese che lo ospitò, sembrava sgradevole. Lasciare Grassano per Carlo Levi fu un dispiacere enorme. Qui, come lo stesso autore spiega, "imparò ad apprezzare la Lucania" e a conoscerne le culture e le tradizioni.
Giunto ad Aliano (detto Gagliano, perché questo così veniva pronunciato dai contadini, con l'aspirazione all'inizio, che sembra una G: [G]aliano), Levi viene consegnato al segretario comunale e successivamente presentato al podestà e al brigadiere dei Carabinieri. Per Levi, il primo impatto con il nuovo paese è molto brusco. Una prima occhiata lo convince che i mesi di confino sarebbero stati molto lunghi e oziosi.
L'idea di un paese chiuso e sperduto dal mondo incominciò a prevalere nella sua mente, quasi opprimendolo.
In realtà il libro di Levi ci mette nelle condizioni di apprezzare la nostra terra, da sempre considerata di seconda o terza categoria, ma in realtà amena e piacevole: poco industrializzata, ma ricca di passione e piena di umanità, come testimonia l’attaccamento di Levi alla Basilicata, anche dopo il ritorno a Torino.
Non a caso le sue spoglie mortali riposano in un angolo panoramico del piccolo cimitero di “Gagliano”.
Gianluca Rosano
Autore: Carlo Levi
Titolo: Cristo si è fermato a Eboli
Einaudi 2005 pp. 245
€ 10,50