Visibile la mostra sui tetti dell’antica città magno-greca di Metaponto al Museo Nazionale di archeologia
Metaponto. Presso il Museo nazionale archeologico è visibile la mostra sui tetti dell’antica città magno-greca di Metaponto con la ricostruzione grafica in 3 D del tempio delle Tavole palatine, risalente alla metà del IV sec. a. C..
Un edificio sacro ubicato in prossimità del fiume Bradano in stile dorico, posto fuori dei confini della città e destinato ad ospitare il culto di Hera per i residenti in campagna. All’interno del museo sono stati ricomposti i rivestimenti di tre distinti tetti utilizzati nel tempo, tra VI e V secolo, per proteggere e decorare alcuni dei principali edifici di culto del santuario urbano.
“La parte superiore dei templi – dice il Dr. Antonio De Siena, soprintendente ai beni archeologici della Basilicata - era decorata a rilievo con palmette e fiori di loto fra cui s’innestavano le gronde a testa leonina con la specifica funzione di allontanare l’acqua dal cornicione, mentre quella inferiore, con una forma a cassetta, era decorata con motivi a meandro ed a treccia ed aveva la funzione di proteggere le travi sottostanti”.
“L’applicazione per l’intero perimetro superiore di ogni edificio di culto delle lastre di terracotta con la decorazione a rilievo, accuratamente trattata con colori visibili anche a distanza, la sistematica riproposizione dei motivi definivano un grande fregio continuo e conferivano all’intero complesso monumentale una grande visibilità con un effetto cromatico straordinario”.
Elementi decorativi tutti in argilla locale di pregevole qualità, sottolinea lo studio di De Siena, che insieme ai ciottoli fluviali utilizzati per le fondazioni di muri delle abitazioni private e per reggere le pareti fatte prevalentemente in mattoni d’argilla cruda, hanno favorito la formazione e l’attività di artigiani che hanno prodotto nel tempo sistemi per la copertura dei tetti e per la decorazione delle travi.
Mentre i grandi blocchi di calcare per la costruzione delle mura della città, per i templi e gli edifici pubblici gli amministartori di Metapontion hanno dovuto far capo alle cave della murgia salentina e barese, dal momento che le lastre di arenaria che emergono lungo i fianchi dei pianori metapontini e gli strati di conglomerati sono difficilmente utilizzabili per realizzare pareti regolari, modanature o rilievi.
Per questa ragione, aggiunge il sovrintendente, la carenza di buona pietra da taglio ha comportato di continuo il riuso dei materiali con conseguenza saccheggio e distruzione dei monumenti precedenti, quando l’antica città, ormai abbandonata, era diventata una vera e propria cava di pietra. Il castello di Torre di Mare, il complesso di san Salvatore e tante altre fattorie distribuite nella campagna mostrano nelle loro murature i grandi blocchi delle mura di fortificazione e dei grandi templi del santuario. Persino il rilevato della ferrovia Taranto-Reggio Calabria è stato costruito con i materiali provenienti dal sistematico saccheggio dell’antica colonia achea.
Lo studio di De Siena mette in evidenza come la distruzione dei monumenti ha risparmiato fortunatamente tutti gli altri elementi in terracotta che componevano e arricchivano i singoli monumenti. Per questa ragione, “l’esame della restante documentazione materiale permetterà di ricostruire l’intero percorso evolutivo del sistema di protezione dei tetti metapontini: dalle prime esperienze realizzate negli anni finali del VII sec. a.C., fino agli ultimi restauri prima del definitivo abbandono nel corso del III sec., a seguito della definitiva conquista romana”.
Pino Gallo