Canti e Cantilene”, raccolti in un volume corredato anche di un CD, a cura di Peppino Critone
S. Arcangelo. E’ stato presentato nel polifunzionale di San Brancato, il libro “Sant’Arcangelo, Canti e Cantilene”, raccolti in un volume corredato anche di un CD, a cura di Peppino Critone.Ospite onoraria della serata dedicata alla Cultura il giudice Silvana Arbia, già componente della Corte Penale Internazionale dell’Aja, la quale ha sottolineato che il testo è un’opera di raccolta, di salvaguardia e di trasmissione alle generazioni future del patrimonio immateriale dell’Umanità tutelato dall’Unesco, in modo che ne sia consentito a tutti il libero accesso. Rappresenta, inoltre, ha precisato la Arbia, un valore enorme di condivisione di un bene qual è appunto la Cultura popolare e ne rappresenta una particolarità irripetibile ed allo stesso tempo fortemente arricchente delle tradizioni profonde di ciascun gruppo sociale. Ovviamente in una logica non di integrazione, non di omologazione alla cultura dominante ma di condivisione, di rispetto per le diversità culturali che arricchiscono l’immenso patrimonio culturale dell’Umanità. Un delicato mosaico che rischia in ogni tempo di essere distrutto e che non può essere rifiutato perché troppo locale. E secondo la Arbia, bene ha fatto Peppino a recuperarli dagli anziani che ancora li ricordano perché c’era il rischio di una loro dispersione. Per Rocco Guerriero, preside in pensione, l’amore presente nei componimenti è descritto quasi sempre come pena d’amore e la donna, oggetto d’amore e di passione, viene idealizzata individuando in essa l’essenza stessa della bellezza: “quando nascesti, fonte di bellezza/suonavano per te tutte le campane”. Un sentimento amoroso che ha persino il potere di trasfigurare in immagini altrettanto dolci anche l’elemento maschile, descritto come “un falchettino tanto bello/che va in cerca di acchiapparsela”.
Il testo, evidenzia Guerriero, non manca di componimenti di severa ironia nei confronti delle donne che rifiutano di sposarsi. “Figliola a tre anni eri fidanzata/ ora ne hai trenta e non sei sposata”. Né mancano le stoccate al prete che adesca e che tutto prende: “in questa strada c’è un piccolo prete/che non si ferma di pietre tirare/dove passa con la sottana rade il terreno. Ma ci sono anche donne infedeli: quelle che scrivono ai mariti in guerra, invitandoli a mandare “i soldi/che quelli che hai mandati/li ho mnagiati con l’amante”. Infine è intervenuto l’autore, Peppino Critone, sottolineando come il canto e le feste popolari scandivano il tempo fino all’avvento della televisione, quando la mamma cantava la ninna nanna per addormentare il suo bambino o quando aspettava il marito che tornava da lavoro. Così come cantavano i mietitori sotto il sol leone o il contadino che tornava dai mercati lontani; o quando si vendemmiava in un clima festoso; ma anche gli innamorati quando di notte dedicavano le serenate alle loro fidanzate. E si cantava anche per rampognare chi andava corretto.
Pino Gallo