Gli scavi archeologici dell'Incoronata, una finestra sul nostro passato

Foto sito incoronata pisticci
Pisticci. Sulla collina dell'Incoronata, che domina la valle del Basento, si svolge, già da tempo, un lungo e faticoso lavoro di disvelamento del nostro passato.

La scoperta dell'area archeologica risale al 1970. Nel '73 gli scavi vengono affidati all'Università di Milano fino al 2003, quando subentra l'Università di Rennes 2. Da ormai sedici anni gli archeologi dell'ateneo francese, guidati dal professor Mario Denti, recuperano antichi frammenti di un passato che, una volta ricomposti, raccontano la storia dei nostri avi, rimasta celata per migliaia di anni.

Le scoperte dell'Incoronata, di notevole importanza sul piano storico, sembrano documentare due momenti fondamentali della vita dell'antico villaggio.
La prima fase, risalente al IX secolo a.C., è caratterizzata da un'occupazione indigena, ovvero di nativi. La collina fu dunque la sede di uno dei tanti villaggi sorti lungo la fascia costiera del metapontino, abitati dalla comunità degli Enotri.

La seconda fase, databile all'VIII secolo a.C., rivela invece una frequentazione greca. Al contrario di come inizialmente si pensava, non si tratta di un insediamento successivo alla cacciata dei nativi da parte dei coloni greci. Gli scavi hanno infatti evidenziato una forma di coesistenza tra le due popolazioni, lunga circa un secolo, accomunate entrambe dalla produzione di vasi. Proprio nelle ceramiche è possibile ritrovare la commistione di diversi stili attribuibili ai due popoli.

L'insediamento dell'Incoronata assume, alla luce degli ultimi ritrovamenti, un importante carattere "sacrale". Come conseguenza dell'abbandono e della distruzione del sito, infatti, gli abitanti gettano all'interno di fosse, prima utilizzate forse per decantare l'argilla, il vasellame da loro prodotto. La maggior parte dei reperti che mano a mano vengono portati alla luce provengono proprio da tali fosse, la distruzione dei vasi indicherebbe il carattere rituale degli stessi.

Le ceramiche impiegate nelle funzioni rituali, non potevano infatti essere destinate ad altri scopi, e venivano così rotte in molteplici pezzi e venivano dispersi nelle fosse e sulla loro superficie. Queste fosse, in seguito, erano sigillate con una grande quantità di ciottoli. Tutto il sito è stato poi ricoperto con un consistente strato di detriti, affinché nessun altro potesse rioccuparlo.

Tra i ritrovamenti più famosi vi è senz'altro quello del perirrhantèrion, interamente decorato a rilievo con scene epico-mitiche. Ma ciò che non ha assolutamente precedenti in Occidente, in relazione al periodo di riferimento, sono i resti di un edificio aperto di forma triangolare. Una sorta di recinto, i cui confronti in Grecia, di molto successivi, rimandano a culti eroici.

Ecco riemergere, lentamente, dalla polvere dei secoli, il carattere rituale della collina dell'Incoronata. Ne sono testimoni i colli delle anfore conficcate in terra per ricevere libagioni, rituali che evidenziano un profondo rapporto diretto con la terra e con gli antenati, o i resti di ghiande ritrovati vicino ad antiche fornaci. La quercia, infatti, era per i Greci l'albero con le cui foglie si intrecciavano le corone degli eroi.

«Cosa resta nella terra quando il tempo ha setacciato la vita?» scriveva l'archeologa Flaminia Cruciani. Restano quei frammenti che, come in un puzzle, ci restituiscono l'immagine al passato di noi stessi, grazie all'archeologia, la scienza dell'immortalità.

Simona Pellegrini

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