Incoronata. Diciotto anni di scavi archeologici
Si è svolto ieri sera, al centro TILT di Marconia, il consueto incontro annuale per fare il punto sugli scavi archeologici in località Incoronata, scavi che quest'anno compiono la maggiore età. Diciotto lunghi anni di minuziosa ricerca, durante i quali, l'équipe archeologica del Laboratorio di Archeologia e Storia Merlat (LAHM) dell'università di Rennes 2, sotto la direzione del professor Mario Denti, ha pazientemente portato alla luce frammenti di un passato remotissimo.
Il sito archeologico, situato su una collina posta a 60 metri sul livello del mare e a circa 4 km di distanza dalla frazione di Marconia, è divenuto, nel corso del tempo di rilevante importanza culturale ed artistica. Tra i ritrovamenti più famosi vi è senz'altro quello del perirrhantèrion, una sorta di bacile sacro interamente decorato a rilievo con scene epico-mitiche.
«Il quadro di ricerca - ha però precisato il professor Denti durante la conferenza - vuole innanzitutto approfondire il ruolo delle genti indigene rispetto al mondo greco dell'epoca, al fine di riscrivere una serie di dati e, quindi, di riequilibrare i rapporti storici tra greci ed indigeni».
È doveroso, infatti, precisare che le scoperte dell'Incoronata, di notevole importanza sul piano storico, sembrano documentare due momenti fondamentali della vita dell'antico villaggio.
La prima fase, risalente al IX secolo a.C., è caratterizzata da un'occupazione indigena, ovvero di nativi. La collina fu dunque la sede di uno dei tanti villaggi sorti lungo la fascia costiera del metapontino, abitati dalla comunità degli Enotri. La seconda fase, databile all'VIII secolo a.C., rivela invece una frequentazione greca. Al contrario di come inizialmente si pensava, non si tratta di un insediamento successivo alla cacciata dei nativi da parte dei coloni greci. Gli scavi hanno infatti evidenziato una forma di coesistenza tra le due popolazioni, lunga circa un secolo, accomunate entrambe dalla produzione di vasi. Proprio nelle ceramiche è possibile ritrovare la commistione di diversi stili attribuibili ai due popoli.
Ma si può parlare anche di religiosità condivisa, ciò in relazione al ritrovamento, risalente allo scorso anno, di una testolina dedalica in bronzo, di circa due centimetri e mezzo di lunghezza, ribattezzata "La dama dell'Incoronata". «La più antica testimonianza in bronzo di tutta l'Italia meridionale - ha precisato Denti - un prodotto di artisti locali che conoscevano l'arte greca», ennesima conferma del rapporto culturale tra le due civiltà. La particolarità del tanto piccolo quanto prezioso elemento sta nel fatto che la statuetta sia stata rappresentata con la bocca aperta. L'ipotesi è che tale caratteristica testimoni la presenza, all'epoca, di culti oracolari, culti legati al mito degli eroi. Quegli stessi eroi evocati sui vasi di fattura greca ritrovati sempre all'interno del sito archeologico.
Ma ciò che non ha assolutamente precedenti in Occidente, in relazione al periodo di riferimento, sono i resti di una struttura muraria risalente all'età del ferro. Grossi blocchi in pietra riconducibili all'architettura enotria. Una sorta di recinto, i cui confronti in Grecia, di molto successivi, rimandano nuovamente a culti eroici.
È necessario, infine, evidenziare il carattere "sacrale" dell'Incoronata. Gli studi rimandano ad antichi culti e riti notturni, ciò viene ipotizzato sulla base del ritrovamento di alcune fosse in cui gli abitanti gettavano il vasellame da loro prodotto, con all'interno del vino, per evocare i propri antenati. Ed infine, come si soleva fare con i santuari, il sito prima di essere abbandonato venne interamente ricoperto da un consistente strato di detriti, affinché nessun altro potesse rioccuparlo, così da mantenerne inalterata la memoria.
«Noi non scaviamo gli oggetti per gli oggetti - ha concluso il professor Mario Denti - ma ricerchiamo i gesti e le mani degli uomini che quegli oggetti hanno toccato, affinché gli scavi possano raccontare e non rimanere mai fini e sé stessi».
Simona Pellegrini